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Ultima modifica 1 dicembre 2020

PIANTE AUTOCTONE: PERCHE’
La parola “autoctono” significa “nato nel luogo dove risiede”.
Con le recenti acquisizioni e scoperte scientifiche, in campo forestale ci si è resi conto che ricorrendo alle specie spontanee del luogo (nel nostro caso Farnie, Roveri, Carpini, Aceri, Ontani, Sanguinelli, ecc.) si evitano molti di problemi (fisiopatie, malattie, scarsa adattabilità, ecc.) e si favorisce la tutela del suolo e la biodiversità.
La Società Botanica Italiana è stata tra i primi organismi ad incentivare, già dalla fine degli anni ’80,  le pratiche di rimboschimento con specie autoctone.
In seguito, anche gli enti locali hanno preso consapevolezza dell’importante ruolo di difesa del suolo e della vita vegetale ed animale che l’albero o l’arbusto autoctono svolge.
Di conseguenza la raccolta “in loco” dei semi o delle talee di specie native, utilizzata per il Giardino botanico di Uboldo per ciò che concerne l’area del “Bosco lombardo” è la miglior pratica per produrre materiale da rimboschimento.

RARITÀ E BIODIVERSITÀ
La rarità di una specie è un concetto piuttosto soggettivo ma di fatto, vi sono piante che sono sparite per ragioni diverse ed altre che sono sempre state molto poco numerose e sono proprio queste che nobilitano maggiormente il Giardino botanico e, se facenti parte della flora italiana o locale, contribuiscono ad aumentarne la biodiversità.
La ricostruzione del Bosco lombardo, che ha tenuto conto delle notizie storiche dei territori uboldesi e della zona della Cerrina, presenta poche specie legnose di una certa rarità: Pado, Cerro, Melo selvatico, Tiglio selvatico e nostrale; alcune di queste non sono indicate come rare dalla Flora italiana, ma lo sono diventate in questi ultimi anni di devastazioni: è invece oggi raro trovare un bosco dove sono presenti queste specie tutte assieme.
La restante parte del giardino è stata dedicata alle specie italiane importanti per motivi di studio o di conservazione; qui di seguito è utile descriverne qualcuna:
Oltre ai salici citati in elenco, troviamo il Salix aurita, rinvenuto molto raramente e con segnalazioni dubbie, il salice dell’appennino (Salix apennina) e quello da ceste (Salix triandra).
Tra le molte specie di querce presenti, notevoli la Vallonea (Quercus macrolepis), il Fragno (Quercus troiana), il Farnetto (Quercus frainetto); tra i biancospini sono rilevanti l’Azzeruolo (Crataegus azarolus) e quello a doppio stilo (Crataegus oxyacantha).
Un esemplare del curioso Spino di Cristo (Paliurus spina-christi) è presente nella parte nord del giardino: è un arbusto molto spinoso oggi rinvenibile nel centro sud della penisola ma un tempo anche al nord, presso i laghi insubrici: è chiamato volgarmente Marruca.
Perfino il Manzoni nei Promessi sposi (capitolo 17) ne cita la presenza quando Renzo, in fuga da Milano, sta per attraversare l’Adda ma esso è divenuto famoso dai tempi di Cristo perché sarebbe stato usato per la corona di Gesù (l’arbusto è diffuso ancor oggi nei dintorni di Gerusalemme).
Presso l’orto botanico di Napoli, dove questo arbusto è stato piantato, sono state riprodotte, dalla potatura dei suoi rami, delle corone ad uso dei visitatori: esse risultano assai pericolose da maneggiare per via delle robuste spine.
Tra i Carpini, oltre a quello bianco, tipico della pianura padana, abbiamo anche quello nero (Ostrya carpinifolia) e il Carpinello (Carpinus orientalis), solitamente più difficile da vedere.

PIANTE DA FRUTTO
Sono rinvenibili alcune specie minori ed in rarefazione (meli e peri selvatici, corniolo, azzeruolo, nespolo, gelso nero, sorbi, ecc.); nonostante queste presenze siano già di per se qualificanti, abbiamo ritenuto, per ragioni didattiche, di inserirne alcune delle più comuni:  il fico, il noce, il pero domestico, il ciliegio, il susino da innesto, l’amareno.
È un modo simpatico per cercare di far appassionare molti frequentatori del giardino, (anche i ragazzi) che possono trovare all’epoca della maturazione, i relativi frutti.